Willow era associato al mondo dei morti, ai culti funebri, al dolore ma anche alla risurrezione.
In quanto pianta sacra, è rispettata in varie religioni e culture ed è presente nel folklore e nei miti di molte culture diverse.
È spesso raffigurato nell’arte ed è un tema particolarmente importante nei dipinti a matita e inchiostro in Giappone e Cina.
Nell’Impressionismo, incantato dai giochi di luce, il misterioso e sognante salice piangente è immortalato nei dipinti di Claude Monet.
Il nome latino del salice triste Salix Babylonia deriva da un’antica leggenda.
Secondo quella leggenda, gli ebrei, caduti in cattività babilonese, a causa del grande dolore e dolore per la loro patria perduta, appendevano le loro arpe a un salice.
Salice – Significato
Si ritiene che il primo salice piangente sia cresciuto nell’antica Babilonia. È collegato negativamente con la morte di Alessandro Magno, perché i suoi rami gli hanno tolto la corona dalla testa mentre passava accanto ad essa.
A causa dei loro rami tristemente posati, gli antichi greci associavano il salice lutto al mondo dei morti e agli dei degli Inferi. La moglie del dio degli inferi Ade Persefone è talvolta raffigurata con un mazzo di rami di salice in mano.
Il più famoso poeta greco antico Orfeo portava ramoscelli di salice lutto nel suo viaggio attraverso gli Inferi. La maga greca Kirk allestì un cimitero con salici funebri in riva al fiume, dedicato alla madre della dea Ecate e alla sua magia lunare.
Gli antichi greci credevano che lo spirito dei morti sarebbe risorto attraverso l’albero dei salici in lutto, quindi li piantarono sulle tombe e durante il funerale misero ghirlande di salici in testa in segno di profondo dolore.
Secondo il cristianesimo, il salice piangente ha il significato di castità e purezza e, considerata la sua postura, simboleggiava il giusto atteggiamento davanti a Dio, inginocchiato e con timore reverenziale.
Anticamente si credeva che il salice piangente lasciasse i suoi rami per proteggere e nascondere la Madre di Dio quando fuggiva dai persecutori con Gesù Cristo.
Il simbolo del salice piangente è comune nella cultura asiatica. Nel paese di origine della Cina, simboleggia la vitalità e la rinascita. Per i giapponesi era un simbolo di mansuetudine e allo stesso tempo di pazienza e perseveranza, perché anche il brutto tempo non può spezzare i rami flessibili del suo albero.
Il salice piangente è spesso associato alla morte. Le sue incisioni divennero molto diffuse sulle lapidi all’inizio del XIX secolo. In molte culture, il salice piangente è un segno di immortalità ed è associato alla luna, all’acqua e alla femminilità.
Poiché di solito cresce vicino a superfici d’acqua e luoghi umidi, è spesso associato ad argomenti come la magia e la luna perché l’acqua si muove sotto l’influenza della luna.
Sii come il salice. Nelle avversità sii come il salice che sostiene la furia dell’uragano piegandosi qua e là, secondo il soffio del vento; poi dopo la tempesta ricompone i suoi rami.
Per Metodio di Filippi le arpe erano ancora corpi terrestri, i fiumi di Babilonia “le acque della vita circondate dalle onde assordanti del disordine e mescolate alla carne”; i salici a loro volta simboleggiavano la castità a cui gli uomini avevano appeso le loro arpe, o corpi.
L’uomo, attorno al quale ruggiva la tentazione delle onde assordanti del disordine, invocò il Signore: «Non far cadere le nostre arpe, lascia che le onde della lussuria le strappino dall’albero della castità».
La capacità di germogliare molto velocemente e di resistere agli ostacoli rende il salice un albero forte e pieno di vitalità, anche se nell’immaginario popolare i rami che cadono a terra e le foglie pendenti – che evocano lacrime – hanno reso questo albero l’emblema della memoria nostalgica e malinconia.
Se viene tagliato o potato rinasce con un gran numero di nuovi rami e questo lo rende simbolo di morte e rinascita, ma anche il fatto che prosperi vicino a corsi d’acqua gli conferisce l’aspetto di un essere tra i mondi e lo rende testimone delle leggende celtiche di importanti duelli tra eroi o divinità che si svolgono in luoghi liminali, come i guadi e le rive dei fiumi.
È una pianta legata allo stesso tempo al mondo della luce ea quello delle ombre, alla Vita e alla Morte, alla chiarezza, attraverso la preveggenza, ma anche alla confusione, dovuta alle nebbie che, secondo la leggenda, attraverso di essa venivano evocate. , inoltre è sacro a divinità legate all’aldilà, come Ecate e Persefone. Ma è anche una pianta curativa, da essa si estrae acido salicilico.
Sacro ai bardi e alla dea Brigida, chi era il loro protettore, oltre che protettore di guaritori e fabbri? Si diceva che fosse il «vento tra i salici» a portarli ispirazione.
Brigida, oltre ad essere la dea del fuoco, era la dea dell’acqua e dei pozzi sacri, e il salice è molto attaccato all’acqua. Acqua e fuoco, dunque, come la nebbia che evoca il salice, come i due elementi che caratterizzano il simbolismo del cigno, sacro anche a Brigid.
Forse anche per questo veniva spesso utilizzato dai Celti per la costruzione di arpe. L’arpa celtica più antica e meglio conservata sembra essere quella di Brian Boru, risalente al XII secolo: il corpo dello strumento era ricavato da un unico pezzo di legno di salice, mentre il ginocchio e la colonna erano di quercia.
Questa fusione vede il principio femminile del salice e quello maschile della quercia armonizzarsi perfettamente. Inoltre, è nel corpo cavo che riceve la vibrazione della corda, modificandola, e dando vita così a un suono capace di incantare.
Possiede quindi il potere di trasformare, oltre che di generare, e questo fatto riconduce inevitabilmente alla concezione di Nascita/Morte/Rinascita che gli antichi attribuivano alla Dea Madre e al Sacro Femminile in genere.
È interessante notare come nell’antichità il legno di questo albero fosse utilizzato in modo particolare per creare vasi e contenitori di vario tipo, oggetti capaci di contenere o ricevere… simbolismo tipico del grembo femminile.
C’è un’interessante leggenda gaelica che vede come protagonista il salice e il suo rapporto con la musica: secondo la narrazione c’era una volta un re di nome Labra, il Marinaio, che una volta all’anno si faceva tagliare i capelli da un uomo che fu poi inevitabilmente messo a morte.
Il timore del re era, a quanto pare, che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo segreto, ovvero che aveva orecchie di una lunghezza davvero sproporzionata.
Tuttavia, una volta accadde che il tagliacapelli reale fosse anche l’unico figlio di una vedova, che commosse il re con infinite e disperate lacrime, così che la vita del giovane fu risparmiata.
A patto, però, che non riveli mai e poi mai a nessuno quella sua particolarità fisica. Ma col tempo il peso di quel segreto divenne insopportabile e il ragazzo si ammalò.
Salice – Simbolismo
Il termine salice ha origini celtiche, significa “vicino all’acqua”. Per molti popoli antichi, i fiumi lungo i quali crescevano i salici non erano altro che le lacrime emesse da questi lunghi alberi dalle foglie argentate.
Il salice è un albero sia simbolicamente che naturalmente in stretta correlazione con l’elemento acquatico, in particolare con la magia delle acque. Il salice è sempre stato considerato una divinità femminile, legata alla fertilità e ai cicli lunari e femminili, secondo le leggende evoca pioggia e nebbia.
I druidi celebravano i sacri riti deponendo offerte in ceste di salice, gli strumenti musicali con cui incantavano il popolo con melodie suadenti erano costruiti con il duttile legno di salice, capace di far risuonare tra i suoi rami la voce del vento e della natura. In Lituania il culto del salice come simbolo di fertilità persisteva fino a cento anni fa.
Secondo la leggenda, la dea Blinda (Ecate poi Atena per i Greci) era così fertile da poter partorire da qualsiasi parte del suo corpo. Madre Terra, invidiosa delle sue capacità, mentre Blinda passeggiava in un prato paludoso, le imprigionò i piedi e la trasformò in un salice.
Per questo i contadini lituani erano soliti fare offerte floreali alla Dea Madre per chiedere il dono della maternità circondando i grandi salici di corone, tradizione pagana che si protrasse fino ai primi anni dell’Ottocento.
Nel mondo greco il salice era legato a Zeus attraverso le sue nutrici Elice e Amaltea che lo allevarono sul monte Ida dove sua madre Rea lo aveva nascosto perché suo padre Cronos non lo divorasse.
La culla di Zeus era appesa a un salice, Amaltea allattava il bambino sotto forma di capra (da cui Salix caprea). Per gli antichi greci il salice era un albero connesso al mondo dei morti e all’aldilà grazie alla sua capacità di rigenerarsi facilmente dai rami spezzati.
Infatti Ulisse per trovare la porta degli inferi viene inviato da Circe al boschetto di pioppi e salici di Persefone, che oltre ad essere Ecate legata al salice, lega indissolubilmente la pianta al regno dei morti.
Infine Orfeo cerca di condurre Euridice dal regno dei morti alla sua vita tenendo in mano un ramo di salice.
Per gli ebrei, invece, il salice era un albero propiziatorio per la pioggia, venerato dalla gente del deserto come tutto ciò che riguardava l’acqua. Per commemorare la traversata del deserto dei loro padri, gli ebrei scelsero come simbolo il salice piangente (da cui il nome Salix babylonica, sebbene la pianta sia in realtà di origine cinese) e ricordato nella festa dei Tabernacoli o Capanne.
Già 1000 anni prima di Cristo, gli antichi popoli della Mesopotamia curavano le malattie reumatiche e la febbre con il salice, poiché la pianta viveva con i piedi nell’acqua senza danneggiarla.
Per i romani il salice è il “vimen”, cioè il vimini. Nei suoi scritti Plinio raccomandava il salice per calmare gli “spiriti ardenti” soprattutto femminili, principio confermato dal potere sedativo della pianta.
Questa ipotesi deriva dall’osservazione dei frutti caduti prima della completa maturazione, quindi si pensava che la pianta “uccidesse” i suoi figli, al salice si attribuiva una doppia natura: fecondità e castità.
Per i britannici il salice è tradizionalmente legato alle streghe, la radice inglese del termine salice (salice) e strega (strega) è la stessa.
Alcune streghe affermavano di volare su setacci di cereali intrecciati con il salice e di raggiungere il mare per praticare i loro riti malvagi navigando su cesti di vimini.
La famosa scopa delle streghe inglesi era legata con il salice. Secondo i Britanni, con due rami di salice intrecciati a forma di croce si poteva predire la propria morte: se la croce posta su una fonte sacra galleggiava la morte era vicina, se affondava il tempo era ancora lontano.
Per il cristianesimo il salice piangente è simbolo di purezza e castità, il giusto atteggiamento da tenere, prostrato e riverente.
Secondo la leggenda, quando Gesù cadde a terra durante la Via Crucis, colpito dalle frustate di un soldato romano, non riuscì più a rialzarsi sotto il peso della Croce. Fu grazie alla pietà di un salice che, abbassando i rami, Gesù poté alzarsi e aggrapparsi ai rami.
Salix Babylonia, o Salice piangente, rappresentò da quel momento un simbolo di dolore e lacrime per il mondo cristiano. Durante il medioevo il salice aveva per alcuni un carattere malvagio perché legato alle divinità femminili e alla procreazione, venerato dalle streghe come tutto ciò che riguardava il misterioso mondo delle donne.
Dove si incrociavano quattro strade; qui avrebbe dovuto prendere quello di destra e confidargli il suo segreto al primo albero che avrebbe incontrato. Il giovane seguì il consiglio e il primo albero che incontrò fu un salice, al quale confidò il suo fardello e grazie al quale riuscì a guarire.
Non passò molto tempo prima che l’arpista Crafting decidesse di costruirsi una nuova arpa, usando proprio il legno di quel salice.
Quella stessa notte fu invitato come al solito a suonare al banchetto del re, ma mentre toccava le corde dello strumento ne uscì una voce che rivelò a tutti l’imbarazzante segreto di re Labra.
Racconto curioso quanto interessante, che potrebbe nascondere tra le righe il potere di questo albero di svelare segreti e misteri nascosti.
Conclusione
I germogli di salice, che compaiono all’inizio della primavera, sono una grande attrazione per le api che iniziano il loro ciclo di impollinazione in questo momento. Anticamente si diceva che le api selvatiche possedessero la saggezza della Dea proprio perché succhiavano il nettare del salice, oltre che quello dell’erica.
In quanto animali sacri all’aspetto femminile del divino, si ritiene che anche le api siano i suoi messaggeri e il loro nutrirsi di polline di salice conferisce a questo albero un significato ancora più profondo.
Questa posizione del salice tra la vita e la morte è raffigurata nell’affresco Paesaggi dell’Odissea, ritrovato sull’Esquilino e ora conservato ai Musei Vaticani.